Acceptance and commitment therapy | |
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Psicoterapia cognitivo comportamentale | |
Classificazione e risorse esterne | |
MeSH | D064869 |
L'Acceptance and Commitment Therapy (ACT, tipicamente pronunciata come la parola in inglese act) è una forma di psicoterapia di terza generazione all'interno della cornice comportamentista e contestualista funzionale.[1]
Steven C. Hayes ha sviluppato l'Acceptance and Commitment Therapy nel 1982 al fine di creare un approccio misto che integri sia il covert conditioning che la terapia comportamentale.[2]
È un intervento psicologico evidence-based che utilizza strategie per promuovere l'accettazione e la consapevolezza unite a strategie di impegno e cambiamento del comportamento, per aumentare la flessibilità psicologica.[3] L'ACT è, come molte altre terapie di terza generazione, fortemente ispirata alla psicologia buddhista.[4]
Esistono diversi protocolli ACT, a seconda del tipo di comportamento da modificare o del setting.
Nelle campo della psicoterapie brevi, una versione dell'ACT è chiamata Focused Acceptance and Commitment Therapy o FACT.[5] Questa forma di psicoterapia breve utilizza strategie di accettazione e consapevolezza per aiutare le persone a trasformare il loro rapporto con le proprie esperienze mentali indesiderate e dolorose, come pensieri negativi, emozioni spiacevoli, ricordi dolorosi o sintomi fisici spiacevoli, in parte ricalcando l'impostazione della psicoterapia breve strategica.[6]
L'obiettivo dell'ACT non è la diretta modificazione dei vissuti emotivi dolorosi, quanto piuttosto l'essere in contatto questi vissuti. Dando loro spazio e allo stesso tempo impegnandosi verso "comportamenti orientati dai propri valori".[7] L'acceptance and commitment therapy invita le persone ad aprirsi ai propri vissuti emotivi anche spiacevoli riducendo l'evitamento esperienziale. Invitando inoltre a non evitare situazioni o contesti in cui questi emergono, quanto piuttosto accettarli come parte della vita e anche di un percorso di cambiamento. Il suo effetto terapeutico è ipotizzato come una spirale positiva in cui il miglioramento è ricercato non tanto nella scomparsa della sofferenza, quanto piuttosto nella sua accettazione e conseguente impegno verso una vita ricca e significativa.
In ambito ospedaliero in Italia sono stati studiati protocolli ACT per le dipendenze patologiche e per l'abuso di alcol.[8]
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